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ITALIA CONDANNATA A STRASBURGO SUI DIRITTI LGBT

Un ritardo legislativo dove l’Italia fa di nuovo i conti con Strasburgo sul tema del riconoscimento dei diritti LGBT.

Violato il diritto al rispetto della vita privata e familiare

La Corte Europea dei diritti Umani ha condannato l’Italia in risposta al ricorso di 6 coppie omosessuali perché prima del 2016 (anno in cui è entrata in vigore la legge sulle unioni civili) la legislazione non assicurava alcuna protezione o riconoscimento a tali coppie. Il ricorso risale al 2012 dopo che queste coppie si erano sposate all’estero e si erano viste rifiutare il riconoscimento di tale unione dalle autorità italiane.

Un ricorso che ha portato la condanna dell’Italia a risarcire a ciascuno dei 12 ricorrenti cinquemila euro per danni morali. Nella sentenza i giudici di Strasburgo affermano che la condanna riguarda le violazione dei diritti delle coppie avvenuta prima del 2016 ma che il Paese, come tutti gli altri 46 Stati membri del Consiglio d’Europa non è tenuto a riconoscere alle coppie dello stesso sesso la possibilità di sposarsi, e quindi a registrare i matrimoni contratti all’estero da queste coppie. Certo è auspicabile, a detta dei togati, che tutti gli Stati siano tenuti a garantire una forma di riconoscimento legale per queste unioni.

Secondo i giudici l’Italia ha comunque violato l’articolo 8 della Convenzione dei diritti umani che riconosce il diritto al rispetto della vita privata e familiare.

La corte ha considerato che la tutela legale attualmente disponibile in Italia per le coppie omosessuali non solo fallisce nel provvedere ai bisogni chiave di una coppia impegnata in una relazione stabile, ma non è nemmeno sufficientemente affidabile, si legge in una nota della Corte. Per la corte dunque “un’unione civile o una partnership registrata sarebbe il modo più adeguato per riconoscere legalmente le coppie dello stesso sesso”

Le unioni gay e l’Europa

La sentenza contro l’Italia è stata approvata con 5 voti favorevoli e due contrari. A opporsi alle sanzioni sono stati il giudice polacco Krzysztof Wojtyczek e quello ceco Ales Pejchal. In Polonia, infatti, non vi è alcun riconoscimento delle unioni civili mentre, in Repubblica Ceca, le unioni civili tra persone dello stesso sesso hanno diritti limitati.

Tra i Paesi membri del Consiglio d’Europa c’è la tendenza a riconoscere i matrimoni omosessuali: 24 stati su 47 hanno adottato una legislazione in tal senso. Oltre ai due Paesi citati anche Grecia, Bulgaria, Romania, Russia, Slovacchia e Ucraina non prevedono alcun riconoscimento alle unioni omosessuali.

Il primo Paese in Europa a dotarsi di una legge che compara il matrimonio omosessuale a quello eterosessuale è stato l’Olanda nel 2001, seguita dal Belgio nel 2003 e da Spagna, Norvegia, Svezia, Portogallo, Islanda, Danimarca, Francia, Regno Unito (con l’eccezione dell’Irlanda del Nord), Lussemburgo, Irlanda (a seguito di un referendum) e Finlandia. Hanno poi applicato una normativa in tal senso anche Austria, Germania, Croazia, Cipro, Malta, Svizzera e Italia (nel 2016).

Violato il diritto al rispetto della vita privata e familiare

La Corte Europea dei diritti Umani ha condannato l’Italia in risposta al ricorso di 6 coppie omosessuali perché prima del 2016 (anno in cui è entrata in vigore la legge sulle unioni civili) la legislazione non assicurava alcuna protezione o riconoscimento a tali coppie. Il ricorso risale al 2012 dopo che queste coppie si erano sposate all’estero e si erano viste rifiutare il riconoscimento di tale unione dalle autorità italiane.

Un ricorso che ha portato la condanna dell’Italia a risarcire a ciascuno dei 12 ricorrenti cinquemila euro per danni morali. Nella sentenza i giudici di Strasburgo affermano che la condanna riguarda le violazione dei diritti delle coppie avvenuta prima del 2016 ma che il Paese, come tutti gli altri 46 Stati membri del Consiglio d’Europa non è tenuto a riconoscere alle coppie dello stesso sesso la possibilità di sposarsi, e quindi a registrare i matrimoni contratti all’estero da queste coppie. Certo è auspicabile, a detta dei togati, che tutti gli Stati siano tenuti a garantire una forma di riconoscimento legale per queste unioni.

Secondo i giudici l’Italia ha comunque violato l’articolo 8 della Convenzione dei diritti umani che riconosce il diritto al rispetto della vita privata e familiare.

La corte ha considerato che la tutela legale attualmente disponibile in Italia per le coppie omosessuali non solo fallisce nel provvedere ai bisogni chiave di una coppia impegnata in una relazione stabile, ma non è nemmeno sufficientemente affidabile”, si legge in una nota della Corte. Per la corte dunque “un’unione civile o una partnership registrata sarebbe il modo più adeguato per riconoscere legalmente le coppie dello stesso sesso”

Le unioni gay e l’Europa

La sentenza contro l’Italia è stata approvata con 5 voti favorevoli e due contrari. A opporsi alle sanzioni sono stati il giudice polacco Krzysztof Wojtyczek e quello ceco Ales Pejchal. In Polonia, infatti, non vi è alcun riconoscimento delle unioni civili mentre, in Repubblica Ceca, le unioni civili tra persone dello stesso sesso hanno diritti limitati.

Tra i Paesi membri del Consiglio d’Europa c’è la tendenza a riconoscere i matrimoni omosessuali:24 stati su 47 hanno adottato una legislazione in tal senso. Oltre ai due Paesi citati anche Grecia, Bulgaria, Romania, Russia, Slovacchia e Ucraina non prevedono alcun riconoscimento alle unioni omosessuali.

Il primo Paese in Europa a dotarsi di una legge che compara il matrimonio omosessuale a quello eterosessuale è stato l’Olanda nel 2001, seguita dal Belgio nel 2003 e da Spagna, Norvegia, Svezia, Portogallo, Islanda, Danimarca, Francia, Regno Unito (con l’eccezione dell’Irlanda del Nord), Lussemburgo, Irlanda (a seguito di un referendum) e Finlandia. Hanno poi applicato una normativa in tal senso anche Austria, Germania, Croazia, Cipro, Malta, Svizzera e Italia (nel 2016).