A Milano sfilano in 300mila.
È questo il numero dei partecipanti al Pride, secondo gli organizzatori. E una volta che il corteo è arrivato all’Arco della Pace, il sindaco Beppe Sala fa un annuncio inatteso: ” Abbiamo riattivato il riconoscimento dei figli nati in Italia da coppie omogenitoriali.
È con grande gioia che ho firmato ieri il provvedimento personalmente nel mio ufficio”.
Una notizia bomba. Il Comune aveva già iniziato a riconoscere i figli di queste coppie poi aveva dovuto interrompere per via di sentenze avverse. Avrebbe dovuto legiferare il Parlamento che un altro sindaco, quello di Torino Stefano Lo Russo, ha definito pigro. “Ho aspettato che lo facesse – dice Sala – ma non si sono mossi e dovevo fare la mia parte”.
Un atto che va contro le indicazioni di prefetti e magistrati, ma che ridà speranza all’intera comunità Lgbt+. “Stiamo vivendo un momento storico molto difficile. – ha ricordato il sindaco di Milano – Vedete che cosa è successo negli Stati Uniti con l’aborto. Ci sarà qualcuno che lavorerà sulle discriminazioni. Invece bisogna riconoscere tutti i diritti, a tutti. Nei fatti. Ho bisogno del vostro aiuto in questo percorso di civiltà”.
Un’onda colorata che si muove tra cori, applausi, musica a tutto volume che parte dalle decine di camioncini che accompagnano la folla.
Il motto di quest’anno: “Diritti senza conflitti”, con un pensiero alla guerra in corso in Ucraina, ma anche al tema del disegno di legge contro l’omotransfobia Zan affossato dal centrodestra nell’ottobre dello scorso anno con la “tagliola” in Senato.
Perché, come sosteneva il fondatore di Emergency Gino Strada, “i diritti degli uomini devono essere di tutti gli uomini, proprio di tutti, sennò chiamateli privilegi”.