Intervistato da Vanity Fair, l’attore, nel cast della serie televisiva della Rai, ha parlato senza freni esprimendosi contro le istituzioni ecclesiastiche.
Rupert Everett Il nome della rosa: le dichiarazioni sulla Chiesa cattolica
Rupert Everett interpreta personaggio del terribile inquisitore domenicano Bernardo Gui nella serie televisiva in quattro puntate di Rai Uno. Si tratta del primo adattamento televisivo del romanzo di Umberto Eco ambientato nel 1327 in un monastero benedettino. Già nel 1986, Jean-Jacques Annaud aveva girato un film tratto dal capolavoro del 1980 in cui Sean Connery vestiva i panni del protagonista, il francescano Guglielmo Baskerville. Nella nuova versione è invece, John Torturro a ricoprire il ruolo del personaggio principale.
L’attore hollywoodiano, in un’intervista rilasciata al settimanale Vanity Fair, ha parlato della Chiesa e del ruolo che ha giocato sulla sua educazione. All’età di 7 anni infatti, racconta la star, i suoi genitori lo hanno “spedito ad Ampleforth, un austero monastero benedettino”. Proprio per questo, il 59enne afferma:
“Questo film è la mia crociata contro la cultura dentro cui sono cresciuto”.
La star svela di apprezzare il fatto di interpretare il ruolo di Annaud, piuttosto che quello di Baskerville, perché, dice: “provo piacere a mostrare il lato oscuro di un’istituzione che detesto”.
Il George Downes de Il matrimonio del mio migliore amico, senza alcun limite, dichiara:
“La Chiesa cattolica che nel Medioevo era più terribile dell’Isis, tutt’oggi mi vedrebbe volentieri all’inferno per il solo fatto di essere gay”.
Rupert Everett Il nome della rosa: “non mi fido di Papa Francesco”
A proposito della sua relazione oggi, con la Chiesa e gli esponenti ecclesiastici, Rupert Everett racconta:
“Quando passo da Roma, ceno in un ristorante molto frequentato dal clero. Preti e seminaristi ordinano menu da cinque portate: mangiano, bevono, spendono, spandono. Farebbero meglio a seguire l’esempio di Gesù, donare tutto in beneficenza e vivere in povertà”.
E non si mostra nemmeno scioccato dallo scandalo riguardante gli abusi sessuali, o tantomeno dal quadro che emerge della comunità ecclesiastica dal libro inchiesta Sodoma, come una delle più affollate realtà omosessuali. Il plurinominato ai Golden Globes si pronuncia così: “Non ho dubbi che lo sia, con orge e prostituzione annesse”.
E in merito a Papa Francesco e alla linea portata avanti nell’ambito del suo papato, senza peli sulla lingua, afferma:
“Prima vorrei sapere che cosa ha combinato da giovane in Argentina, all’epoca dei desaparecidos. Non mi fido di lui: fa tanti bei proclami e poi li disattende. Mi sbaglierò ma, secondo me, e’ un uomo di marketing. Quasi preferivo il precedente. Al tempo lo detestavo per il suo conservatorismo. Ma almeno era autentico. È un po’ quello che provo nei confronti del presidente degli Stati Uniti: ora che c’è Trump rimpiango Bush. Immagino che voi italiani proviate la stessa nostalgia per Berlusconi, adesso che governa Salvini”.
Rupert Everett Il nome della rosa: la sua infanzia in monastero e l’esperienza di attore omosessuale
Everett parla anche di quanto era stato rinchiuso dalla famiglia nel monastero britannico:
“Commettevo un sacco di peccati: speravo di scongiurare la possibilità che mi arrivasse la vocazione. Desiderare di essere una ragazza, per esempio. E travestirmi come tale. Durante i weekend mi imbucavo nei camerini del teatro, indossavo gonne, cappelli, foulard, poi andavo sugli spalti dello stadio dove i miei compagni giocavano a rugby: mi fingevo una loro spettatrice. Quando i monaci l’hanno scoperto mi hanno dato la caccia, letteralmente, finché non ho reso tutti i costumi presi in prestito”.
Per questo motivo, il Christopher Marlowe in Shakespeare in Love, fu espulso dal centro: “Ma ero io a volermene andare per iscrivermi a un’accademia di recitazione a Londra”.
E questa scelta lo porterà ad intraprendere la carriera di attore con risultati brillanti. Ma Everett svela che il suo coming out come omosessuale lo ha fortemente danneggiato in ambito lavorativo. A suo dire, sarebbe per questo motivo che non fu scelto come James Bond, personaggio maschile, fortemente virile. Tuttavia, la star non si dichiara pentita della sua scelta di rivelare di essere gay: “Mi sentivo molto legato al pubblico e non volevo mentire, l’onestà era importante”.